AgID. Serve chiarezza
Nota sull’interrogazione parlamentare del Deputato Gianni Milella rivolta al presidente del Consiglio dei Ministri e al ministro per la Semplificazione e la pubblica amministrazione (Atto Camera 4/10443)
È possibile una transazione che riguardi una richiesta irricevibile? Il quesito emerge immediatamente, scorrendo l’interrogazione parlamentare presentata dall’Onorevole Gianni Milella il 22 settembre 2015 e indirizzata al presidente del Consiglio e al ministro Madia. Atto ispettivo parlamentare al quale è auspicabile che il ministro, Marianna Madia, delegata dal presidente del Consiglio, fornisca gli opportuni chiarimenti.
Nel frattempo è legittimo segnalare tre aspetti, registrando alcuni dati di fatto:
– un funzionario dell’Agenzia promuove un’azione giudiziaria, chiedendo di essere inquadrato nella fascia dirigenziale
– nell’ottobre 2014 l’Agenzia, nonostante avesse avuto dall’Avvocatura dello Stato e dal Dipartimento della Funzione pubblica l’invito a resistere alla richiesta, decide di accettare un accordo extra-giudiziale
– l’Agenzia tuttora non ha reso note le motivazione che hanno indotto a pervenire alla transazione in forza della quale il ricorrente è stato inserito tra i dirigenti di ruolo.
Si tratta di una vicenda che investe i criteri di trasparenza dell’azione dell’Agenzia per l’Italia digitale, organismo dipendente dalla presidenza del Consiglio e sottoposto alla vigilanza del ministro per la Semplificazione e la pubblica amministrazione. In merito, sono in particolare due i terreni sui quali occorre che si abbia la conferma della legalità dell’operato dell’amministrazione.
Primo aspetto. Nel nostro ordinamento si diventa dirigenti dello Stato per concorso, ovvero si può essere nominati dirigenti a norma dei commi 5 e 6 dell’art. 19 del d.lgs. 165/2001. Ma nessuna delle due fattispecie è all’origine dell’inquadramento avvenuto all’AgID. Far luogo ad una pretesa carente di presupposti giuridici previsti dalla normativa, lede palesemente i principi costituzionali di imparzialità e buon andamento. Di fronte alla scelta operata, è indispensabile che l’AgID renda noto in base a quali criteri gestionali ha ritenuto utile – oltre che giuridicamente fondato – affidare le funzioni dirigenziali ad un funzionario. Non fare chiarezza in merito contravviene alle rigorose regole sulla trasparenza dell’attività amministrativa, fortemente consolidate nel nostro ordinamento giuridico. Norme che non possono essere disattese proprio dalla struttura di governo che di esse è in larga parte artefice e delle quali dovrebbe essere coscienziosa custode.
Secondo aspetto. Occorre capire quale sia stata la posizione assunta dal Dipartimento della Funzione pubblica nell’espletamento del suo compito istituzionale di vigilanza sull’Agenzia. Se le modalità con le quali l’AgID ha provveduto sono state ritenute legittime, il Dipartimento della Funzione pubblica e/o gli uffici del Segretariato generale della presidenza del Consiglio hanno il dovere di darne conto in base ai principi di trasparenza dell’azione amministrativa e dei diritti dei cittadini ad essere informati adeguatamente su ogni provvedimento emanato dal potere esecutivo. Laddove si dovesse prospettare un comportamento non ineccepibile da parte dell’AgID, emergerebbe una conseguente carenza nell’azione di controllo da parte di strutture di primo piano del Governo.
La vicenda – al di là del suo esito – evidenzia quanto ancora i principi di trasparenza dell’attività amministrativa siano sovente sottoposti a spinte e torsioni che ne snaturano la sostanza. Il solo adombrare la possibilità che le funzioni di dirigente pubblico siano esercitate da un soggetto sprovvisto dei requisiti previsti dalle leggi è circostanza inquietante. Circostanza che incrina la reputazione delle istituzioni e fa vacillare la convinzione che la legalità venga sempre rispettata.
Stefano Sepe